5 buoni motivi per diventare un recruiter
C’è chi cerca un lavoro e chi cerca un lavoro per gli altri: il recruiter. La figura del “reclutatore” è quella di un professionista che coniuga capacità tecniche ed umane per individuare il candidato ideale a ricoprire un determinato ruolo in azienda.
Può lavorare come dipendente all’interno di grandi aziende con un reparto dedicato all’HR, o può essere consulente esterno.
La capacità principale del recruiter è saper far incontrare due esigenze e fare in modo che ciascuna tragga il meglio dalla collaborazione.
Vediamo, però, perché può essere interessante diventare un professionista della ricerca di lavoro.
1. Buone opportunità di carriera.
Il mondo del recruiting apre molte possibilità di carriera. La riforma delle politiche per il lavoro ha aperto molte modalità di assunzione e il recruiter è diventato un consulente imprescindibile anche per valutare la miglior soluzione per l’organigramma dell’azienda.
Questo ha fatto sì che le aziende più grandi si stiano dotando di un esperto in assunzioni interno e che siano nate molte agenzie che mettono i loro consulenti al servizio delle aziende.
2. Continuo aggiornamento.
Poiché il campo di attività del recruiter, il mondo del lavoro, è sempre in evoluzione, è indispensabile mantenersi aggiornati. Aggiornati per quanto riguarda le normative, gli strumenti per facilitare il lavoro, le nuove professioni. Aggiornati anche rispetto alle tecniche di interazione e selezione, tra cui anche l’utilizzo professionale dei social media.
Diventare un recruiter, quindi, offre moltissime possibilità di stare al passo coi tempi e portare avanti la buona pratica del lifelong learning.
3. Compiti sempre differenti.
Il recruiter deve trovare lavoro alle persone, oppure la persona giusta per un compito, un’attività specifica. Lavorando come consulente si può trovare a interagire con aziende di settori differenti, con esigenze e richieste diverse che dovrà imparare a conoscere.
Anche nel caso in cui il recruiter sia dipendente della stessa azienda, dovrà comunque avere un panorama completo della filiera produttive, perché si troverà a dover fare colloqui per assumere personale da inserire in ciascun dipartimento.
Sarà sempre una sfida a conoscere ogni giorno nuovi settori e nuove professioni e imparare a valorizzarle.
4. Un brand ambassador per l’azienda.
Che sia dipendente o meno, il recruiter nel momento del colloquio sarà la faccia dell’azienda per cui sta selezionando. Dovrà rappresentarne i valori e la vision nel modo più convincente possibile. Dovrà incarnarne la filosofia. Sarà quello che, nel mondo del marketing è un ambassador. Dovrà quindi conoscere a fondo le caratteristiche valoriali dell’azienda che rappresenta e impersonarle al meglio non solo per valorizzare il brand, ma soprattutto per far capire al candidato che quello è il miglior posto dove potrebbe andare a lavorare.
5. Un ruolo ricco di gratitudine.
L’aspetto umano nella professione del recruiter non è assolutamente secondario, anzi lo rende un lavoro completo sia dal punto di vista delle competenze tecniche che da quello della gratificazione. Come abbiamo già accennato del post “Gestire il colloquio e selezionare il candidato ideale”, selezionare il candidato adatto per quel ruolo e per quell’azienda è come lavorare in un’agenzia matrimoniale. Infatti non si tratta solo di una arida scelta sulla base dei dati o delle capacità, quanto più un bilanciare pro e contro per trovare la persona adatta non solo a svolgere al meglio un compito, ma ad integrarsi in modo armonioso in un team. Solo così sia candidato che azienda saranno soddisfatti e di questo saranno grati proprio al recruiter.
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