Automotive, pro e contro della rivoluzione energetica

Il parcheggio ideale per le auto elettriche? In riva al mare! La notizia arriva da un’inchiesta del Financial Times, che ha raccontato come i maggiori porti europei stiano diventando enormi parcheggi per le auto cinesi in attesa di acquirenti. I nuovi brand dal colosso asiatico - dal rapporto qualità prezzo inarrivabile, rispetto ai costi sostenuti dai produttori europei - aprono la filosofia elettrica ad un target molto diverso rispetto alla fetta di mercato coperta da Tesla. Nuovi concessionari, uffici e infrastrutture stanno sorgendo anche in Italia, ma l’aggressione della tigre asiatica e dei suoi prezzi accessibili cozza con le difficoltà di un comparto che, al di là delle contrazioni economiche, deve fare i conti con una rivoluzione infrastrutturale ancora lontana dall’essere compiuta.

Tre grandi punti di domanda

È tutta una questione di percezione. La fiducia dei consumatori in un nuovo patto di mobilità deve essere sostenuta da tre fattori fondamentali:

  • Una politica più aggressiva di incentivi europei e statali

  • Una tecnologia che garantisca un’autonomia più stabile e rassicurante rispetto alle lunghe percorrenze

  • Una rete di stazioni di ricarica rapida più capillare e omogenea su tutto il territorio nazionale

Come mitigare i possibili impatti della transizione? Le imprese esposte a un impatto tecnologico dovranno essere sottoposte a un'analisi approfondita per programmare una riconversione. Le imprese che già oggi sono impiegate nella filiera dei veicoli elettrici dovranno invece reagire alle variazioni delle dinamiche di mercato: per questo è importante creare le condizioni necessarie a renderle competitive nel contesto europeo, supportandone lo sviluppo.

Il falso mito dell’ultimatum 2035

Dieci anni per rinnovare il parco macchine di un intero continente, eccezion fatta per una serie di deroghe e precisazioni. L’imposizione del vincolo di azzeramento delle vendite di veicoli endotermici e ibridi entro il 2035 e l’ipotesi di una ricomposizione parziale della domanda di nuove autovetture verso l’elettrico comportano la graduale riduzione della consistenza del parco auto, che scenderebbe dai circa 40 milioni di autovetture del 2022 a 31-35 milioni. In assenza di una forte flessione del prezzo di vendita delle auto elettriche, accompagnata da profondi mutamenti delle condizioni di contesto (infrastrutturale, trasportistico ed economico), il rimpiazzo integrale della domanda aggiuntiva è da ritenersi poco plausibile.

Al momento, infatti, nulla impedisce che anche dopo il 2035 si possano acquistare modelli prodotti fino a quella scadenza, quindi anche con le motorizzazioni termiche. Inoltre gli esperti del settore sono concordi nel prevedere una vivacità dell’usato mai vista prima, fino a quando il prezzo medio delle vetture elettriche non scenderà stabilmente, anche a prescindere dagli incentivi statali.

Il percorso al 2035, quindi, è destinato a rafforzare il mercato dell’usato, soprattutto attraverso l’offerta digitale di veicoli di qualità per tutti i budget, comprese le auto usate elettriche, ibride o con motore termico di ultimissima generazione. Senza contare il mercato delle auto nuove e in pronta consegna, sostenute dagli incentivi.

All’elettrico serve più cultura

Le grandi case automobilistiche, per il 2025, intendono produrre uno sforzo supplementare per saltare il passaggio dal termico all’ibrido, promuovendo ulteriormente il comparto dell’elettrico puro. La conferma arriva dalle immatricolazioni, che stanno segnando un costante delta tra il boom delle auto ibride e il trend dei veicoli full electric, ben al di sotto delle previsioni.

Per “educare” la domanda di elettrico serve affiancare al rinnovo delle tecnologie anche quello delle competenze, della formazione degli addetti ai lavori e, soprattutto, dell’assistenza al cliente finale. Uno step che si può riassumere in 4 punti nodali:

  • Consulenza personalizzata per la scelta del veicolo elettrico più adatto

  • Supporto nell’installazione di sistemi di ricarica domestici

  • Assistenza per l’accesso agli incentivi

  • Formazione sull’utilizzo ottimale del veicolo elettrico

Un turbo occupazionale

A prescindere dalle complessità di questo passaggio epocale, la transizione verso l’elettrico è certamente destinata ad avere un impatto occupazionale positivo, anche in Italia.

Il passaggio dal motore endotermico a quello elettrico può creare nuove opportunità anche per la filiera della componentistica italiana. Di conseguenza risulta essenziale reagire in tempo, programmando e supportando la riconversione.

Considerando che il numero di dipendenti in aziende la cui produzione è totalmente dedicata al powertrain endotermico è contenuto, si stima che la transizione verso l’elettrico possa avere un impatto occupazionale positivo in Italia, con un incremento del 6%.

La fotografia dell’automotive che sarà

In termini occupazionali è importante considerare le aziende che nasceranno a servizio della nuova mobilità e il relativo potenziale. Solo in questo contesto si stima che verranno creati 4.000 nuovi posti di lavoro diretti, a servizio degli impianti di produzione delle batterie già previsti in Italia.

Oltre alla filiera della componentistica al servizio dei costruttori, crescerà la domanda dei servizi post-vendita, come la manutenzione, la gestione delle batterie alla fine del ciclo di vita e il loro riciclo.

Riconversione e specializzazione

Ricerca, consulenza, informatica e intelligenza artificiale sono tutti settori pronti a beneficiare della rivoluzione elettrica. Componentistica, impiantistica e logistica sono in prima linea nella sfida occupazionale che inciderà sul mercato del lavoro dei prossimi decenni.

Le sfide della transizione energetica

  • Colonnine pubbliche sempre più diffuse

  • Stazioni di ricarica veloce sulle principali arterie stradali

  • Possibilità di installare wallbox domestiche

  • App dedicate per localizzare i punti di ricarica

Inoltre, la transizione verso la nuova tipologia di vetture potrebbe rappresentare molto di più che un semplice passaggio obbligato, bensì un'opportunità per rendere il sistema energetico più efficiente, anziché una minaccia per la sua stabilità.

La risorsa dell’export

La filiera della componentistica è quella che ha reagito meglio al calo della produzione che negli ultimi anni ha colpito il settore automotive. Nonostante le complessità legate al periodo della pandemia e la scarsa reperibilità di materie prime legata al conflitto in Ucraina, il Made in Italy ha sviluppato un processo di internazionalizzazione che ha ridotto la dipendenza di molte imprese dal mercato interno, tanto che, oggi, oltre il 50% della componentistica prodotta in Italia è destinata all’estero.