IL LAVORO LOGORA CHI CE l’HA. IL FATTORE BURNOUT AUMENTA IL BISOGNO D’INCLUSIONE

Secondo uno studio americano la malattia delle aziende di quest’ultimo anno si chiama burnout. Le fluttuazioni del mercato, l’inflazione, concorrenza e materie prime non preoccupano il mondo dell’impresa tanto quanto la sensazione di smarrimento e pesantezza che attanaglia circa quattro lavoratori su dieci a livello globale. Un dato in linea con il contesto italiano, dove nel primo quadrimestre del 2024 si è registrata un’impennata di lavoratori che manifestano disagio o stati d’ansia. Attualmente circa il 20% dei lavoratori del Bel Paese. Se consideriamo soltanto l’insorgere di stanchezza, fisica e mentale, la percentuale sale al 43%. Un trend che spinge molte realtà ad inserire nel welfare aziendale il supporto psicologico. Un benefit richiesto soprattutto dai dipendenti più giovani, dai Millennials alla Generazione Z.

Parola d'ordine: prevenzione

Certamente buona parte delle motivazioni sono dovute a situazioni specifiche, alla congiuntura economica e alla necessità di dover sempre inseguire una performance. Lo studio oltreoceano, però, attribuisce il fenomeno ad un senso di mancata inclusione. Una sorta di processo inversamente proporzionale al malessere: laddove si coltiva inclusione, l’ambiente lavorativo sarà più sano e produttivo. Una gestione positiva del lavoro, infatti, è in grado di prevenire gli effetti del burnout fino al 50%.

Ma come si alimenta una cultura inclusiva in un ambiente votato al business?

Le 4 regole d'oro

Ecco quattro semplici regole per garantire e diffondere nel personale un senso generale di inclusione:

  • Accesso alle risorse. Programmi, strumenti, percorsi di formazione o collaboratori sono investimenti che aumentano il senso di appartenenza e possono essere ripagati con performance e disponibilità da parte dei lavoratori.>
  • Supporto da parte della leadership. I vertici aziendali non sono altro dal resto dei dipendenti. Un team coeso e affiatato guarderà con più facilità ai medesimi obiettivi, adoperandosi e sostenendosi nell’interesse comune.
  • Senso di sicurezza psicologica con il proprio manager di riferimento. La serenità di poter sbagliare si traduce in armonia ed affidabilità. Un’alchimia che fa bene alla vita da ufficio.
  • Opportunità eque di crescita. Non solo benefit e bonus, la stella polare per la distribuzione dei ruoli e delle responsabilità è la meritocrazia.

Anche i manager vanno valorizzati

Presupposti necessari nell’ottica di prevenire il burnout, ma anche in funzione di favorire il dialogo interno all’ambiente di lavoro. Costruire un clima inclusivo consente infatti di intercettare per tempo bisogni, ambizioni e fragilità, in modo da elaborare soluzioni efficaci.

Una politica efficace per la gestione del personale vale anche nei ruoli di maggior responsabilità. Se i manager comprendono la bontà di un approccio valoriale al lavoro, oltre alla gestione della propria squadra, sapranno adoperarsi per incoraggiare collaborazione e team building, facilitando le comunicazioni interne e favorendo le relazioni tra i singoli membri con background diversi. Uno spirito che distingue, oggi più che mai, una corretta ed efficace capacità di leadership.