IL VALORE DELLA DISPONIBILITÀ SUL LAVORO

“Resto a disposizione, distinti saluti”. Non si contano le mail che terminano ogni giorno con questa formula. Una consuetudine che, però, comporta una comunicazione below the line per chi si trova dall’altra parte dello schermo. Tu ci sei, sempre e comunque. Questo è il messaggio che, a prescindere dai nostri pensieri, arriva ai colleghi, ai clienti e ai collaboratori. Eppure, esiste una sottile, ma concreta differenza, tra l’essere disponibili ed essere a (completa) disposizione.
Dietro questo distinguo c’è l’esigenza, sempre più marcata, di condividere un ambiente di lavoro sereno e costruttivo. Ma a quale prezzo?
Disponibili o a disposizione?
Un tema che sta appassionando esperti e consulenti del mondo del mentoring e del coaching, che segnano un limite tra essere disponibili ed essere a disposizione. Nel primo caso si tratta di garantire in modo consapevole il proprio contributo, intervento o aiuto quando risulta effettivamente necessario, consapevoli degli eventuali impedimenti o priorità che possono sopraggiungere. Essere a disposizione, invece, comporta un vero e proprio vincolo, che ci obbliga a liberarci per esser sempre e comunque presenti. Una dinamica che determina il controllo di chi richiede il nostro aiuto non è più del collega che lo richiede. Tutto dipende dal grado di consapevolezza delle nostre scelte.
Un approccio più consapevole al lavoro, infatti, risulta tanto più necessario se pensiamo ai cambiamenti del mondo del lavoro e delle professioni. Dal retaggio del secolo scorso, quello dei cartellini da timbrare, dei permessi e degli straordinari, siamo passati allo smartworking. In mezzo tutto il bagaglio di esperienze che ci ha lasciato il periodo della pandemia. L’Ufficio diventa quindi un luogo di socializzazione, mentre quello ereditato dal Covid-19 somiglia più al telelavoro piuttosto che al lavoro in autonomia che pensavamo di aver conquistato. Evitare di recarsi personalmente sul luogo di lavoro può rappresentare certamente dei vantaggi, a partire dalla gestione dei tempi morti legati agli spostamenti e alle mille variabili che possono dare luogo a ritardi o imprevisti. D’altra parte, sono molti i lavoratori e i professionisti che avvertono un senso di isolamento, denotando una certa difficoltà a gestire gli orari e a mantenere un contatto umano con i colleghi.
Le potenzialità dell’Ufficio ibrido
In alternativa al lavoro da casa, il concetto di ufficio si fa evoluto e promuove la socializzazione. Un modo per creare valore e produttività attraverso relazioni positive, in grado di alimentare il senso di appartenenza. Sospinti da questo spirito aumentano anche in Italia incubatori e coworking, dove mettere in gioco se stessi, al di là delle competenze e dei ruoli. Già prima della settimana alternata, tra lavoro in presenza e giornate smart, piccole e grandi aziende avevano già ripensato i propri uffici in base a modelli di lavoro agile, con le scrivanie impersonali che lasciavano man mano il passo a grandi desk condivisi per favorire interazioni e brain storming. Mettersi in gioco come ‘persona’ implica però responsabilità e impegni che possono alzare il livello di stress, portandoci a disperdere energie e a perdere il giusto focus in ambito lavorativo.
Vivere bene con se stessi
Non è possibile stare bene se prima non aiutiamo noi stessi, una regola che vale anche sul lavoro. Non si tratta di essere egoisti. Dare più importanza ai nostri bisogni e focalizzare la nostra attenzione su noi stessi è il primo passo per poter aiutare gli altri, ingenerando una sorta di circolo virtuoso che favorisce gioco di squadra e risultati. D’altra parte, il benessere delle persone che abbiamo intorno passa attraverso il nostro stato d’animo, non dal nostro sacrificio. Darsi la possibilità di poter dire di no significa essere protettivi verso se stessi e il proprio lavoro.
Tra empatia e giusto distacco
Flessibilità e socializzazione sono le colonne portanti per risultare disponibili senza essere dati per scontati. Come? Bastano semplici spunti e pratiche per sviluppare la giusta empatia pur mantenendo quel minimo distacco che regola confini e ambiti all’interno dei contesti di lavoro:
Il giudizio degli altri
Piacere tutti è impossibile, ma il rispetto è un atto dovuto. Sforzati sempre di trovare il buono nelle persone che hai intorno a te e non cedere mai alla maldicenza. Accettare che non potrai mai piacere a tutti, aiuta a non rincorrere i bisogni degli altri solo per essere compiaciuto.
Se lo chiedi, ti aiuto
Dare una mano non è un dovere, ma deve essere un piacere. Prestarsi a svolgere puntualmente compiti che spettano agli altri svilisce il proprio valore aggiunto, che può essere dato per scontato.
Non giudicare
Può capitare a chiunque di commettere errori, non per questo dobbiamo subentrare al lavoro o alle mansioni altrui solo perché riteniamo di fare meglio. Le soluzioni più efficaci sono quelle condivise.
Ascoltare non costa nulla
Predisporsi all’ascolto attivo aiuta i colleghi ad aprirsi e a stabilire le basi per una relazione autentica e produttiva.
Collaborare non significa competere
Per il successo personale e le performance aziendali non serve sgomitare, dare valore ai successi altrui accresce le motivazioni e diffonde la cultura del problem solving.