SETTIMANA CORTA, UN AFFARE ANCHE PER LE AZIENDE

Una volta si parlava di settimana bianca, con la corsa a sacrificare persino le ferie di Natale per concedersi una pausa fuori stagione, solitamente a febbraio, per emulare le gesta di Tomba e Compagnoni. Oggi la settimana più sognata passa dal bianco al “corto”. Il vero lusso, infatti, è prendersi il venerdì senza sembrare sfaticati. Una prospettiva che, in realtà, poco o nulla ha a che fare con le saghe di fantozziana memoria, tanto da interessare studi economici, ricerche universitarie e, non ultime, proposte di legge.
Comincia l'iter legislativo
Anche l'Italia, sulla scia delle buone esperienze in ambito internazionale, è pronta a muovere i primi passi verso la settimana corta. Nelle prossime settimane, in Parlamento, dovrebbe approdare il testo unitario che dovrebbe aprire un nuovo corso nel mondo del lavoro: meno ore settimanali di lavoro per i dipendenti a parità di retribuzione.
Il testo, che parte e ingloba tre diverse proposte di legge, non introduce da subito l'obbligo di ridurre la settimana lavorativa, ma comprende una serie di incentivi per quelle aziende che intendono partecipare ad un prima fase sperimentale. Al termine di un percorso di tre anni, sarà il Governo a soppesare costi e benefici prima di intervenire in via definitiva con un Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri volto a ridurre ufficialmente l'orario di lavoro.
Quali agevolazioni per aziende
Per tre anni dopo l'entrata in vigore della legge, le imprese aderenti potranno giovare di un taglio dei contributi fino al 30%. Vantaggi che arrivano al 50% per le piccole e medie imprese, mentre le realtà che prevedono mansioni di tipo usurante potranno beneficiare di un'ulteriore agevolazione del 10%. Una maxi operazione per le finanze dello Stato che supera il mezzo miliardo di euro.
Più riposo più produttività
Con il termine “settimana corta” si intende generalmente la settimana lavorativa della durata di 4 giorni al posto dei 5 canonici. Una misura che, almeno su carta, porterebbe dei vantaggi sia ai dipendenti sia ai datori di lavoro. Il testo normativo unitario parla di "aumento della qualità del lavoro e della produttività", "tassi di occupazione più elevati", "riduzione dello stress", "tempo ed energie per la vita privata", ma anche di "riduzione dell'impatto ambientale del lavoro".
I punti principali a sostegno di una ricaduta positiva:
-
Work-life balance: riducendo le ore lavorative, i dipendenti riescono a dedicare più tempo alle attività personali, alla famiglia e al riposo. Riduzione dello stress e una maggiore soddisfazione personale.
-
Miglioramento del rendimento: un numero inferiore di ore spingerebbe i lavoratori a diventare più efficienti e concentrati, aumentando così la loro produttività complessiva.
-
Riduzione del turnover: con il crescere della fiducia dei dipendenti verso un sistema che tiene conto del benessere dei propri dipendenti, si ridurrebbe la sostituzione della forza lavoro.
-
Diritto alla disconnessione: una settimana più corta garantirebbe una pausa dalla connessione costante, offrendo maggiore protezione dalla frenesia del mondo digitale. Benefici concreti per la salute mentale e fisica dei dipendenti.
-
Più appeal per i nuovi talenti: la prospettiva di lavorare 4 giorni a settimana sarebbe allettante per le nuove generazioni, per cui l’equilibrio tra lavoro e vita personale è sempre più importante.
I possibili svantaggi
Fermo restando i vantaggi che potrebbero delinearsi, l’operazione non è scevra da dubbi e perplessità. Soprattutto per le aziende, il passaggio a una settimana di lavoro ridotta richiede una nuova pianificazione del lavoro. A seconda del settore, potrebbe essere necessario assumere personale per coprire le ore mancanti.
Alcuni dipendenti o manager potrebbero mostrare una certa resistenza a modificare la routine lavorativa per non cambiare i carichi di lavoro quotidiani.
Dove vige la settimana corta
La settimana corta è già una realtà per diversi Paesi europei: Spagna, Belgio, Islanda, Norvegia, Svezia, Danimarca e Regno Unito. A titolo definitivo, come negli Emirati arabi o in via sperimentale, come in Giappone e Nuova Zelanda.
Al di là delle misure governative, sono le grandi aziende a fare da apripista, anche in Italia. Il Belpaese adotta già la settimana corta per un significativo numero di dipendenti nel settore bancario, dei servizi, industriale e automotive.